martedì 21 maggio 2013

Dominanza incompleta e Codominanza


Con l'avanzare degli studi della genetica venne alla luce che non sempre le caratteristiche dominanti e recessive di un gene sono sempre così nette, talvolta alcune caratteristiche sembrano mescolarsi.
Per esempio incrociando una pianta bocca di leono dai fiori rossi con una dai fiori bianchi si producono eterozigoti dai fiori rosa, che non manifestano nessuno dei due caratteri, ma li mescolano per creare un prodotto genico. Questo fenomeno viene detto dominanza incompleta, ma se alla bocche di leone della seconda generazione (rosa) viene data la possibilità di autoimpollinarsi esse generano nuove piante in cui compaiono i caratteri originali; ciò è dimostrazione delle affermazioni di Mendel.
In altri casi invece gli alleli possono manifestare il gene della codominanza, ovvero generando organismi che esprimono contemporaneamente il proprio genotipo, ovvero entrambi i fenotipi omozigoti. Un esempio è quello del gruppo sanguigno AB negli esseri umani: in cui i globuli rossi presentano le caratteristiche relative sia ad A che a B.
Ogni organismo diploide può avere soltanto due alleli per ogni gene, ma in una popolazione di organismi possono essere presenti più alleli per ogni gene; si hanno perciò due alleli multipli che derivano da differenti mutazioni dello stesso gene (Gruppi sanguigni umani o il mantello dei mammiferi). Negli esseri umani esistono 4 principali gruppi sanguigni (AB,A,B,0) determinati da 3 diversi alleli (A,B,0) di un unico gene. A e B sono sono dominanti mentre 0 è recessivo. Il fenotipo è dato da diversi polisaccaridi: A e B che si trovano sulla superficie dei globuli rossi; nel plasma sanguigno invece sono presenti diversi tipi di proteine, gli anticorpi che sono addetti al riconoscimento dei polisaccaridi caratteristici dei gruppi diversi dal proprio.

Le mutazioni di de Vries


Negli anni successivi alla pubblicazione degli studi di Mendel vi furono numerosissime ricerche nel campo della genetica, e molti scienziati cercarono di approfondire gli studi dell'abate cercando di ampliare le conoscenze in quel ramo della scienza chiamato: Genetica Classica.
Tutti questi studi portarono alla conferma delle teorie di Mendel, anche se molti studiosi dimostrarono che i la regolamentazione dell ereditarietà non è sempre così semplice e lineare come negli studi del precursore della genetica. Per esempio, essi si accorsero che il fenotipo di certi geni può essere influenzato da diversi fattori: geni presenti all'interno dell'organismo, e addirittura dall'ambiente circostante. I genetisti classici videro che la maggior parte dei caratteri è influenzata sicuramente da più di un singolo gene. La scoperta più eclatante fu che i geni possono subire anche cambiamenti improvvisi.
Nel 1902 un biologo olandese Hugo de Vries sperimentò l'ereditarietà Mendeliana su una pianta chiamata Rapunzia (Marunzia) a grandi fiori. La trasmissione dei caratteri da una generazione all'altra seguiva per la maggior parte dei casi le regole di Mendel, come nella pianta del pisello, ma a volte appariva un carattere che non era presente nè nei genitori, nè in alcun antenato di quella pianta. L'olandese ipotizzò che questi caratteri del tutto estranei fossero dovuti a improvvisi cambiamenti avvenuti nei geni, e che tali caratteristiche fossero poi trasmesse ai figli come veri e propri caratteri. Egli chiamò questi improvvisi cambiamenti Mutazioni, e i soggetti che li manifestavano Mutanti. Inoltra secondo de Vries alleli differenti dello stesso gene si originavano a seguito di mutazioni (per esempio il seme rugoso si è originato da una mutazione del seme liscio).
Le mutazioni possono essere vantaggiose o svantaggiose per l'organismo che le manifesta, per esempio la capacità di digerire il lattosio è una caratteristica adottata dalla popolazione caucasica che portò ad un aumento delle possibilità di sopravvivenza facendo aumentare gli individui di quella popolazione. Alcune mutazioni sfavorevoli sono l'albinismo oppure al gatto di Manx che è privo di coda e presenta anomalie al sistema scheletrico.

Mendel e la genetica classica

Grego Mendel, monaco tedesco (1822-1884) viene considerato il padre fondatore della genetica. Egli condusse esperimenti sulle piante dei piselli utilizzando per la prima volta un vero e proprio metodo scientifico. Mendel sintetizzò due linee pure, ovvero due piante che conservano sempre gli stessi caratteri da una generazione all altra senza che comparissero caratteri nuovi. Successivamente fece incrociare queste due linee pure e notò che nelle generazione successiva all'incrocio (F1) tutti i discendenti manifestavano solamente il carattere di una delle due piante "pure". Mendel chiamò il carattere manifestato "Dominante" e l altro carattere "Recessivo". Ottenuti questi dati potè finalmente formulare la sua prima legge, o legge della dominanza: < Dall'incrocio tra due organismi che differiscono per una coppia di caratteri si ottengono solo individui che mostrano il carattere dominante.>
Successivamente Mendel incrociò tra di loro gli individui del primo incrocio (F1); nella seconda generazione (F2) i caratteri dominanti e recessivi compaiono con un rapporto di 3:1. In base a queste informazioni Mendel elaborò la sua seconda teoria, detta anche legge della segregazione: <Ogni individuo ha coppie di fattori per ogni unità ereditaria e i membri di una coppia si segregano nella formazione dei gameti.> Successivamente il genetista considerò gli incroci tra gli individui eterozigoti della generazione F1 che differivano per due o più caratteri, e vide che i fenotipi dei discendenti seguivano sempre un determinato rapporto, detto fenotipico, 9:3:3:1.
Di cui 9 sono gli individui con fenotipo dominante per entrambi i caratteri, 3 hanno il primo carattere dominante ed il secondo recessivo, 3 hanno il primo recessivo ed il secondo dominante e uno possiede entrambi i caratteri recessivi, quindi formulò la sua terza legge, legge dell'assorbimento indipendente: <Dall'incrocio di due eterozigoti della generazione F1 si ottiene una seconda generazione in cui i caratteri si segregano in maniera del tutto indipendente, dando origine a nuove combinazioni in proporzione definite.

martedì 14 maggio 2013

Watson e Crick


Nei primi anni cinquanta del secolo scorso fu condotto uno studio da un giovane scienziato statunitense, James Watson e da un fisico inglese, Francis Crick. Entrambi erano molto interessati a risolvere la questione della formula molecolare del DNA, ma non applicarono le loro menti conducendo nuovi esperimenti, bensì si concentrarono a riordinare e studiare tutti gli studi già effettuati da altri scienziati. Nel periodo in cui i due "novellini" studiavano il DNA c'erano già parecchie informazioni su di esso, infatti si era a conoscenza che esso era una molecola di grandi dimensioni, molto lunga, filiforme e che era formata da nucleotidi (composti da una base azotata, uno zucchero ed un gruppo fosfato).
Inoltre nel 1950 Linus Pauling aveva affermato che secondo i suoi studi le proteine potessero avere una struttura elicoidale e aveva ipotizzato che la stessa struttura potesse essere adottata anche dal DNA. Questa ipotesi fu confermata dalle immagini a raggi X ottenute dalla ricercatrice Rosalind Franklin. I dati ottenuti dal canadese Chargaff furono l'ultimo ingrediente che serviva ai due scienziati per poter studiare meglio questa molecola: il rapporto tra timina e adenina è di 1:1, e lo stesso vale per citosina e guanina.
Mettendo insieme tutti questi dati, Watson e Crick furono in grado di affermare che il DNA è una doppia elica lunga e spiralizzata. Rielaborando il loro modello giunsero alla conclusione che una purina poteva legarsi solo ad una pirimidina, ottenendo una distanza tra i due filamenti di 2 nanometri.
Inoltre essi scoprirono che la sequenza nucleotidica poteva essere disposta in qualsiasi ordine, componendo un numero pressochè illimitati di combinazioni, in questo modo si soddisfa una delle caratteristiche peculiari che avrebbe dovuto avere questa molecola: un linguaggio.
Durante la costruzione del modello del DNA i due scienziati si accorsero non solo che la purina poteva legarsi solo alla pirimidina, ma che all interno dei due gruppi vi erano altre distinzioni, ovvero che l' Adenina poteva legarsi solo con la Timina con due legami ad idrogeno, e la Citosina poteva legarsi solo alla Guanina con tre legami ad idrogeno.

Hershey e Chase, i batteriofagi radioattivi


Negli anni 40 del secolo scorso vennero condotti molti esperimenti utilizzando dei batteriofagi (virus molto comuni che aggrediscono i batteri. I betteriofagi scelti furono quelli che aggrediscono Escherichia coli, un batterio dell intestino umano.
I batteriofagi o fagi sono poco costosi, facili da riprodurre e da conservare e hanno una forma facilmente riconoscibile al microscopio.
Essi sono costituiti quasi esclusivamente da proteine e DNA. In quel periodo vi era la disputa per cercare di capire chi, tra le proteine (contenenti zolfo) e DNA (contenente fosforo) contenesse il materiale genetico.
Hershey e Chase prepararono due campioni differenti di fagi: uno col DNA marcato con l isotopo radioattivo del Fosforo 32P, il secondo con l'involucro proteico marcato con l'isotopo radioattivo dello Zolfo 35S.
Il risultato fu sorprendente: i batteri infettati dal virus con l'isotopo radioattivo 35S nelle proteine mantenevano stabile la radioattività, i batteri infettati dai virus con l'isotopo radioattivo 32P nel DNA risultavano radioattivi.
Grazie a questo esperimento si ebbe la prova definitiva che il materiale genetico ereditario è situato nel DNA.

Il DNA


Il DNA
Enormi progressi sono stati fatti nel campo della genetica, in particolare all inizio dello scorso secolo. Ma nei primissimi anni del XX secolo tra gli scienziati c'era ancora molto scetticismo sulle modalità di trasmissione e dell erediterietà dei caratteri.
Durante le primissime analisi del materiale ereditario vennero identificate delle proteine ed una sostanza, l acido desossiribonucleico (DNA). Le proteine essendo polimeri composti da 20 amminoacidi avevano molta variabilità, e questo porto gli scienziati a credere che fossero proprio le proteine a custodire il codice genetico.
Nel 1869 Miescher sintetizzò per la prima volta il DNA, a cui diede il nome di acido nucleico (contenuto nel nucleo). Successivamente vennero condotti molti esperimenti e si notò che il DNA era composto da nucleotidi. Ogni nucleotide è composto da una base azotata, uno zucchero a 5 atomi di carbonio (desossiribo) e da un gruppo fosfato.
Vi sono diversi tipi di basi azotate: Purine (due anelli) e Pirimidine (un anello), a loro volta divise in Adenina (A) e Guanina (G)
Citosina (C) e Timina (T)
Quindi il DNA è composto da quattro tipi di nucleotidi che differiscono solo per pirimidina e purina.
Finalmente nel 1943 un medico canadese sfatò il mito delle proteine come custodi del codice genetico, e si comprese meglio il ruolo del DNA.
Quattro scenziati con tre esperimenti differenti, riuscirono successivamente ad avvalorare ulteriormente la tesi del DNA.
Il primo fu quello di Hersey e Chase (che spiegherò meglio in un altro articolo), il secondo invece fu quello di Mirsky, che dimostrò che le cellule somatiche contengono quantità uguali di DNA, mentre i gameti (sia maschili che femminili contengono la metà esatta dello stesso materiale.
Il terzo e ultimo esperimento fu quello di Chargaff, che analizzò il contenuto e la presenza di Purina e Pirimidina nelle cellule di diversi tipi di forme di vita.
Egli concluse che le basi azotate non sono presenti in proporzioni uguali, la proporzione delle basi azotate è la stessa negli individui della stessa specie, ma varia da una specie all altra, ciò permise di intuire che potesse esserci un linguaggio proprio delle basi azotate.

venerdì 5 aprile 2013

Medaglia Sr: Watson vs Crick


Dopo lunghe e faticose ricerche in rete, dopo un estenuante calvario di ore e ore di ricerche per ottenere informazioni sulla (Sr)aggine di Crick mi sono arreso.
Purtroppo il nostro scienziato non è (o meglio era) degno della medaglia Sr, che invece è di granlunga la medaglia più adatta per l americano.
Per dimostrare ciò che ho appena detto metto il link di un intervista  dell Espresso al suo compagno, Watson, nella quale spara a zero su parecchi temi caldi dell attualità.
Un ulteriore conferma di ciò che ho scritto sta nel fatto che Crick ha ammesso, successivamente alla vittoria del premio nobel, che Rosalind Franklin ha avuto un ruolo chiave nella riuscita della loro grande impresa, mentre il famigerato Watson nonostante siano passati 60 anni dal fatidico 1953 nega ancora l evidenza.
Purtoppo Crick ci ha lasciati il 28 luglio del 2004, quindi mi sento proprio di consegnare questa "ambita" medaglia al suo amico, nonché miglior Sr della biologia, il signor James Watson.